Il 2 febbraio scorso Iulia ha lanciato un'iniziativa con lo scopo di raccogliere le nostre ricette ed i ricordi che esse ci suscitano: LE RICETTE DELLA MEMORIA.
Siccome mi piace cucinare ed altrettanto ricordare ho aderito immediatamente. Della torta esistono numerose varianti: si può affermare che ogni massaia avesse la sua ricetta. Questa è quella tramandata dalla mia nonna paterna e che ho ricevuto dalla mia mamma.
Siccome mi piace cucinare ed altrettanto ricordare ho aderito immediatamente. Della torta esistono numerose varianti: si può affermare che ogni massaia avesse la sua ricetta. Questa è quella tramandata dalla mia nonna paterna e che ho ricevuto dalla mia mamma.
INGREDIENTI:
g 600 di farina bianca
g 400 di farina di mais Fioretto
g 300 di zucchero
g 150 di strutto*
g 150 di noci sgusciate
un bicchiere di anice
una bustina di lievito per dolci
ESECUZIONE:
In una capace zuppiera mescolare bene tutti gli ingredienti con le mani. Si dovranno ottenere delle grosse briciole (da qui il nome? O forse deriva dalla friabilità dopo la cottura?).
Trasferire l'impasto nella placca rivestita di carta forno e, sempre con le mani o con l'aiuto di un piccolo matterello, premere fino ad ottenere uno strato perfettamente compatto di circa 2 cm.
Cuocere a forno moderato (preriscaldato a 150°) per circa un'ora. Sfornare il dolce e tagliarlo immediatamente a losanghe finché si presenterà morbido. Con il raffreddamento diventerà croccante e friabile, pronto da gustare. Conservato in una scatola a chiusura ermetica manterrà a lungo la sua freschezza.
* lo strutto, assieme al burro e all'olio di oliva sono i grassi migliori dal punto di vista gastronomico e nutrizionale. L'importante è non abusarne. E in questa ricetta mi sembra che i grassi siano molto contenuti. Una sola volta ho provato ad usare la stessa quantità di burro: il risultato non mi è piaciuto.
Di recente ho appreso che la sbrisolosa era tipica del periodo della "bugada" cioè il bucato che, in campagna, veniva effettuato ogni anno alla fine del mese di aprile. La padrona di casa, al termine del lavoro, offriva alle lavandaie una merenda che si concludeva con la sbrisolosa.
Questo rustico dolce, i cui ingredienti si trovavano in tutte le case, anche le più umili, nella tradizione della mia famiglia veniva invece preparato a Carnevale assieme alle lattughe, alle frittelle e alle castagnole.
Da non confondere con la mantovana "torta sbrisolona" di cui forse la versione cremonese è la parente povera non è per questo meno gustosa. Per me è inoltre evocativa dei colori, dei profumi e sapori della mia infanzia: la cucina della mia cara nonna (che ho perso troppo presto) con le pentole di rame e i vasi di basilico, salvia e rosmarino davanti all'uscio; le sue viole del pensiero che coltivava e vendeva a favore della parrocchia; i pomodori e i cetriolini del suo orto: come erano buoni mangiati di primo mattino e non ancora scaldati dal sole!
La sbisolosa mi ricorda la sensazione di libertà, mai più provata dopo il trasferimento in città, nella grande corte del "Palazzo".
Mi ricorda i giochi con decine di bambini, la prima biciclettina, le starnazzanti oche della Mirte (che paura!), i nostri gatti: Mustafà, un micione bianco a macchie nere; la soriana Micia, la mia "bambola preferita" che spingevo nella carrozzella e che mangiava le pappine che preparavo sulla stufa economica della nonna (ci vorranno ancora decenni per offrire ai nostri mici crocchette e Pranzetti). La docile Micia che si trasformava in una spietata belva quando catturava i topolini per insegnare a Pippo Baffino, il suo piccolo, l'arte della caccia.
Mi ricorda i gatti del vicino: Codamozza e il Grigio magrissimi, sempre in cerca di qualcosa da rubacchiare; per me molto inquietanti.
Mi ricorda Primo, l'agricoltore, la sua stalla con cavalli, mucche, vitellini; i maestosi pavoni ma soprattutto il suo Blechi (non Blacky perché allora, bambina di quattro anni, non sapevo fosse un nome inglese) un magnifico Pointer.
E ancora Jula la boxerina delle amiche di mia zia, il piccolo Padus (anche di questo nome non conoscevo il significato) un simpaticissimo, affettuoso meticcio salvato dal mio papà; la fastidiosa Frida: una volpina troppo esuberante che mi saltava sempre addosso. Forse coglieva i miei sentimenti e cercava di rendersi gradita.
Questo è quanto Iulia è riuscita a farmi scrivere e di ciò la ringrazio.
Di recente ho appreso che la sbrisolosa era tipica del periodo della "bugada" cioè il bucato che, in campagna, veniva effettuato ogni anno alla fine del mese di aprile. La padrona di casa, al termine del lavoro, offriva alle lavandaie una merenda che si concludeva con la sbrisolosa.
Questo rustico dolce, i cui ingredienti si trovavano in tutte le case, anche le più umili, nella tradizione della mia famiglia veniva invece preparato a Carnevale assieme alle lattughe, alle frittelle e alle castagnole.
Da non confondere con la mantovana "torta sbrisolona" di cui forse la versione cremonese è la parente povera non è per questo meno gustosa. Per me è inoltre evocativa dei colori, dei profumi e sapori della mia infanzia: la cucina della mia cara nonna (che ho perso troppo presto) con le pentole di rame e i vasi di basilico, salvia e rosmarino davanti all'uscio; le sue viole del pensiero che coltivava e vendeva a favore della parrocchia; i pomodori e i cetriolini del suo orto: come erano buoni mangiati di primo mattino e non ancora scaldati dal sole!
La sbisolosa mi ricorda la sensazione di libertà, mai più provata dopo il trasferimento in città, nella grande corte del "Palazzo".
Mi ricorda i giochi con decine di bambini, la prima biciclettina, le starnazzanti oche della Mirte (che paura!), i nostri gatti: Mustafà, un micione bianco a macchie nere; la soriana Micia, la mia "bambola preferita" che spingevo nella carrozzella e che mangiava le pappine che preparavo sulla stufa economica della nonna (ci vorranno ancora decenni per offrire ai nostri mici crocchette e Pranzetti). La docile Micia che si trasformava in una spietata belva quando catturava i topolini per insegnare a Pippo Baffino, il suo piccolo, l'arte della caccia.
Mi ricorda i gatti del vicino: Codamozza e il Grigio magrissimi, sempre in cerca di qualcosa da rubacchiare; per me molto inquietanti.
Mi ricorda Primo, l'agricoltore, la sua stalla con cavalli, mucche, vitellini; i maestosi pavoni ma soprattutto il suo Blechi (non Blacky perché allora, bambina di quattro anni, non sapevo fosse un nome inglese) un magnifico Pointer.
E ancora Jula la boxerina delle amiche di mia zia, il piccolo Padus (anche di questo nome non conoscevo il significato) un simpaticissimo, affettuoso meticcio salvato dal mio papà; la fastidiosa Frida: una volpina troppo esuberante che mi saltava sempre addosso. Forse coglieva i miei sentimenti e cercava di rendersi gradita.
Questo è quanto Iulia è riuscita a farmi scrivere e di ciò la ringrazio.
Della mia nonna paterna conservo gelosamente anche ricordi più tangibili. Questo coprifedera è una sua realizzazione.
Che bel viaggio nella memoria! Mi hai commosso.
RispondiEliminaAnche la torta deve essere una vera delizia.
Un abbraccio,
Elisa
è strano come una sola torta può suscitare emozioni cosi...bel post e bella torta...Iulia
RispondiEliminai sapori e i profumi riescono a evocare dei ricordi in maniera magica!!
RispondiEliminabuonissima la torta complimenti
Bello! Bello il ricordo e buona la sbrisolosa! Ciao, Clara.
RispondiEliminaChe meraviglia la memoria ! Grazie per avermi donato la tua!
RispondiEliminadaniela
Tante cose non le conoscevo nemmeno io cara Marm... La bisnonna e le violette che dolcezza quest'immagine... Mentre i mici, bè i loro racconti mi accompagnano dall'infanzia! Che bella cosa i ricordi! Struggenti, dolcissimi, veri...
RispondiEliminaBaci
Berty
Che bello vedere come la cucina ci fa fare questi voli pindarici .....
RispondiEliminaGrazie per le tue emozioni.
Roby
p.s. sai che il mio compagno mi chiama Marmotta??? Quando ha saputo che c'era un'altra marmotta nella rete si è stupito!
Che bellissimi ricordi. Piacevolissimi per te ma anche per noi che li abbiamo condivisi.La sbrisolona sarà sicuramente buona.
RispondiEliminaUn caro saluto.
Piera
ahhh la sbrisolona, che buona!!!!!
RispondiEliminaInteressante l'uso dello strutto nel dolce ( la provenienza mi sembrebbe romagnola ..lo dico perchè mia suocera di Faenza conservava lo strutto in bottiglie di plastica) e sicuramente conferisce al dolce una nota ineguagliabile..
RispondiEliminaIo sono nata in tempo di guerra e ricordi culinari anche solo di dolci non credo di avrene...solo i pasti quotidiani, sempre ben curati, di impronta meridionale..
Dolci sempre pochi ma a Natale il panettone, acquistato, non mancava mai.
E te bella il coprifedera di tua nonna, anche a me è rimasto qualcosa
Baci
anche qui da una semplice ricetta si è aperto un mondo...Grazie
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